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Capitolo primo. Ho ricevuto un premio alla carriera. Anzi, uno Special Award, qualcosa di ancora più speciale. Son cose che fanno bene al cuore ma fanno sorgere dubbi: a) hanno sbagliato cognome; b) ho già un piede nella tomba; c) è del tutto immeritato. Però, dato che le analisi recenti mostrano anche una significativa diminuzione del colesterolo, propendo per la terza ipotesi. Ho avuto il grande onore di condividerlo con una delle persone che comprende, spiega, decodifica i messaggi della moda. Ammiro incondizionatamente Patrizia Calefato, docente di Linguistica e Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bari e a quella di Stoccolma: per capirsi, è l’unica persona in Italia a fare dei Fashion Studies, da noi latitanti, la sua ragione di vita e di insegnamento (compiti per l’estate: leggere tutti, ma proprio tutti i suoi libri). Capitolo secondo. In realtà la notizia vera non è questa, ci mancherebbe. Diciamo che nel capitolo precedente ho volontariamente omesso il fondale: la città di Cosenza e la manifestazione Moda Movie, che da 19 anni offre visibilità e occasione di relazionarsi con il pubblico a giovani fashion designer. Nasce da un’intuizione di un imprenditore locale, Sante Orrico e della figlia Paola, lui direttore artistico, lei project manager che, contando solo su forze private (private anche del sostegno dello Stato) e sulla buona volontà di alcuni sponsor, danno visibilità a giovani talenti nella moda e nel cinema. Il che la dice molto lunga sulla promozione di un Made in Italy che si basa esclusivamente su una lodevole disponibilità dei singoli. Tra l’altro, questo succede in una zona del nostro paese che – diciamocela tutta – è osservata dal Nord con un po’ di sufficienza. Condita da un po’ di pregiudizio. E invece.Capitolo terzo. Moda Movie è una 72 ore di workshop, spettacoli, proiezioni e, ovviamente, sfilata finale di gala con tanto di premiazione ai primi tre classificati. Hanno tenuto lezioni Liuba Popova (esperta di moda e docente alla NABA di Milano); Vincenzo Linarello, imprenditore di coraggio e bravura estremi (sua la linea Cangiari, “cambiare” in calabrese, marchio etico che usa tessiture e lavoratori del luogo, nato dal desiderio di combattere la ‘ndrangheta e offrire un’immagine della regione lontana dagli stereotipi); Beppe Pisani, industriale tessile; Michela Zio, collega di MF Fashion e Rai Due; Hélène Blignaut, antropologa e saggista; Paolo Orlando, direttore commerciale di Medusa Film; Gianluca Arcopinto, produttore cinematografico; Barbara Molinario, direttrice di Fashion News Magazine; Alessandro Canadé, Carlo Fanelli e Guerino D’Ignazio, rispettivamente docenti all’Università della Calabria di Filmologia, di Discipline dello Spettacolo e di Diritto Pubblico Comparato (più Patrizia Calefato e il sottoscritto).Capitolo quarto. C’è molto entusiasmo nell’aria, soprattutto c’è una completa adesione al tema di quest’anno, Crossing Cultures: si parla di contaminazioni, influenze, linguaggi globali vs. espressioni territoriali, si butta all’aria il concetto di “etnico” e si abbraccia quello di “inclusività”. I film (Unusual Danger di Gianluca Salerno e Isabella Mari, Mama ‘Talia di Fabio Rao, il poetico Charlot in Africa di Walter Romeo) parlano solo di questo: della possibilità di percepire l’altro da sé – straniero, fuorisede, forestiero, migrante – come ricchezza e non come impoverimento. È quello che Paola Orrico, con una felice invenzione linguistica, chiama “meetissage” (no, non è un refuso). In apertura anche la presentazione del video di Marco Caputo e Davide Imbrogno Futuro Straniero girato all’università, con la partecipazione di studenti stranieri. Rimpiango di non avere il cellulare di Matteo Salvini per raccontargli cosa succede in quella Terronia che tanto disprezza e in questi giorni sembra una filiale dell’Onu. P.S. Tra i partecipanti alla sfilata finale, ragazzi di tutta Italia e oltre. C’è anche il sinuoso Bernardo Letro, di Belo Horizonte, la cui mamma si è innamorata di un cosentino. Oh, capita.Capitolo quinto. È la grande serata. Abbiamo già applaudito i foulard e i costumi da bagno dell’artista Luigia Granata, i vestiti da sposa di Elisa De Bonis. Ma è sulla passerella che si deciderà chi ha incrociato meglio le culture e le sue capacità. Vincono i siciliani Simone Bartolotta e Salvatore Martorana, con abiti che sono omaggio a un’Africa immaginaria e scultorea, dove i ricami delle tribù sono realizzati con la pasta. Seconda: la calabrese Martina Grisolia, che indaga i rapporti tra sexytudine occidentale e sensualità mediorientale. Terza: la ceca Eva Scala, in diretta dalla London School of Fashion, che omaggia il dialogo tra soft & hard, tra architettura e fluidità. Ah, sì: ricevo dalle mani del sindaco Mario Occhiuto lo Special Award, opera di Silvio Vigliaturo. A cena siamo tutti uguali: giurati e stilisti, giovani e meno giovani, old e new generation. Domanda: sarebbe stato possibile tutto questo anche a Milano, la nostra fashion capital? Ritornano i dubbi (e anche il colesterolo, dopo tre giorni di ‘nduja, risotti alla liquirizia e fichi imbottiti di mandorle, temo stia risalendo. Devo fare in modo che questo premio non diventi postumo). Per ora sorrido.

Link: http://www.marieclaire.it/Moda/Il-blog-di-Antonio-Mancinelli/Moda-Movie-a-Cosenza-2015